Viaggio a Oriente
Reportage delle tre settimane di training e coaching per il nostro cliente Enel X, nella loro area regionale APAC.
Uno dei ruoli centrali previsti dalla metodologia Scrum è lo Scrum Master, che viene spesso definito come il servant leader del resto del gruppo.
La metafora del servant leader deriva dal lavoro di Robert Greenleaf negli anni Settanta e prende spunto dalla storia raccontata nel libro di Hermann Hesse, Il pellegrinaggio in Oriente (1932, prima ed. it. 1973), in cui un gruppo di personaggi intraprende un lungo viaggio a piedi verso un idealizzato “Oriente”, viaggio che si svolgerà sia nello spazio che nel tempo. Uno di questi viaggiatori porta con sé il suo servitore, il quale, grazie ai suoi modi gentili ma concreti, finisce per influire sullo spirito dei viaggiatori e sulla coesione del gruppo, facendoli agire come una vera e propria squadra.
In questa puntata di Reloaded Adventures abbiamo preso spunto dal titolo di quel libro per raccontare l'esperienza svolta durante la lunga trasferta tra Australia, Corea del Sud e Giappone, che ha visto impegnati alcuni dei nostri agile coach. A cavallo fra la fine di giugno e la metà di luglio, Pino Decandia e Giovanni Puliti hanno lavorato a Melbourne per poi trasferirsi a Seoul dove sono stati affiancati anche da Stefano Leli.
Pino e Stefano hanno poi proseguito la loro "esplorazione" in Oriente con la tappa giapponese a Tokyo dove, fra le altre cose, hanno organizzato un meetup con la locale comunità agile giapponese.
Durante queste tre settimane i tres amigos hanno svolto training e posto le prime basi per coaching per il nostro cliente Enel X, nella area regionale APAC. Sono state tre settimane intense e impegnative ma ricche di spunti e approfondimenti professionali.
CAPITOLO PRIMO: AUSTRALIA
La prima tappa di questa lunga trasferta inizia a Melbourne, dove abbiamo parlato di Metodologie Agili ai responsabili di Enel X di Australia e Nuova Zelanda.
Primo contatto
Stabilire un primo contatto e creare una relazione empatica con il cliente è fra i compiti più difficili di un agile coach. Entrare in contatto con le usanze del posto è un ottimo modo per capire le persone, come si comportano, come reagiscono. Con la scusa di arricchire le nostre conoscenze sociali, siamo entrati in uno stadio ovale per vedere una partita di football australiano (pare si giocasse un derby cittadino).
Una città moderna
Melbourne è la capitale dello Stato del Victoria, nell'Australia sudorientale, ed è la seconda città più popolosa dell'Australia dopo Sydney. Famosa per la sua ecletticità e accoglienza, è considerata una delle città più vivibili al mondo. L'impressione che si ha quando ci si arriva è della metropoli distesa su spazi dilatati, mai difficili da percorrere e da vivere.
Si dice che l’inglese degli australiani, un mix complesso di accenti diversi, sia particolarmente difficile da comprendere e spesso questo è vero. Alle volte capita invece di imbattersi in persone dalla pronuncia impeccabile (almeno a Melbourne, città cosmopolita). Anche in questo, la grande gentilezza e accoglienza non mancherà di farvi sentire a vostro agio. Non è strano quindi chiedere informazioni a un poliziotto che, per aiutarvi, vi risponderà con un accento perfettamente comprensibile degno delle audiolezioni su cassetta di un tempo.
In questa città regna la bicicletta, usatissima da molti sia per piacere che come mezzo di spostamento per andare a lavoro.
Già alle prime ore della mattina si possono vedere ciclisti con biciclette mai banali; anzi, se siete appassionati, potrete rifarvi gli occhi.
La cosa è presa seriamente. Non è una semplice passeggiata. Il ritmo della pedalata è alto. La velocità sostenuta. Ai semafori i ciclisti stanno pronti a scattare o in surplace in attesa che arrivi il segnale di luce verde. L’abbigliamento tecnico verrà cambiato in ufficio dopo una rapida doccia. La bici spesso è lasciata in appositi spazi all’interno dell’ufficio, oppure direttamente per strada. Qui non devono esserci molti furti visto che viene scelto un semplice lucchetto per assicurare al palo bellissime biciclette di un certo valore.
Si va "in scena"
Lunedì mattina ore 7, inizia la prima sessione di formazione. La colazione ha luogo nel bistrot all'angolo mentre fuori è ancora buio. Un FlatWhite in tazza piccola, qualcosa da mangiare, il tablet acceso per gli ultimi preparativi al corso.
Il primo giorno, Giovanni e Pino hanno lavorato con 50 persone la cui provenienza originaria allarga ulteriormente gli orizzonti: Australia, Cina, Hong Kong, Giappone, ma anche Sud Africa, Zimbabwe, Israele, Canada e USA.
Ad Agile Reloaded il compito di rappresentare l'Europa.
Durante il corso si sono alternati momenti di teoria classica con spiegazioni (quasi) frontali, a momenti di formazione esperienziale, giochi e vari format di discussione.
Molte delle attività proposte prevedono una forte componente di interazione e di gioco. Il Serious Gaming (l'uso di giochi come supporto di lavoro, in questo caso come strumento didattico) è una pratica utile per passare con facilità ai partecipanti concetti difficili.
In un contesto culturalmente così eterogeneo, il gioco ha un altro importante scopo: quello di stabilire una piattaforma comune di comunicazione senza appiattire. Unire senza uniformare. Diversificare senza dividere.
Il gioco è democratico perché chiunque può giocare e tutti siamo uguali di fronte al gioco: non ci sono restrizioni o differenze di ceto sociale, etnia, genere od orientamento sessuale, religione o altro.
Il gioco inoltre è meritocratico perché, all’interno delle regole stabilite, non c'è posto per raccomandazioni: chi è più bravo vince (esclusi i giochi nel quale l’alea, la fortuna, ha un ruolo dominante).
Questi giochi seri sono molto utili anche per aiutare i facilitatori a comprendere le relazioni fra le persone, le dinamiche di gruppo, il modello di leadership che spontaneamente sorge durante un gioco o il tipo di approccio alla sperimentazione (conservativo o audace, collaborativo o direttivo).
In una classe multietnica come quella che ci ha visto impegnati, questo fattore è ancora più importante: il linguaggio non verbale del corpo e il metaverbale di una persona asiatica sono certamente differenti da quelli di un americano.
Il gioco rende complementari queste differenze.
Serious Gaming e simulazione di processi
La tipologia dei giochi e degli esercizi presentati in un corso è legata al tipo di processi che si vogliono mappare. In questo caso le attività scelte sono incentrate sui concetti di Lean e di Kanban per comprendere come applicare un approccio agile ai processi di lavoro, utilizzando un caso d'uso noto a tutti.
Fra questi abbiamo proposto il classico gioco della gestione di un esercizio commerciale, nel caso specifico quello della pizzeria "da Pino", in onore del nostro collega e dei diversi ristoranti italiani immancabili anche nel continente australe.
Kanban Pizzeria è un esercizio in cui i partecipanti ricevono alcune indicazioni sulla organizzazione di una pizzeria e, in maniera iterativa, devono arrivare prima di tutto alla mappatura del processo; successivamente alla creazione di una board Kanban. Dopo ulteriori step di raffinamento, si introducono gli elementi tipici della gestione del flusso, come le colonne buffer, i WIP limit, gli avatar per identificare il personale coinvolto nel processo e si prova a cercare le soluzioni migliori per eliminare i colli di bottiglia massimizzando la prestazione del team.
Un'insegna ci ricorda che spesso la realtà può superare la fantasia.
FishBowl
Al termine di ogni giornata di lavoro i partecipanti, aiutati dai due coach, hanno intavolato una discussione retrospettiva per valutare quanto appreso e quali fossero i dubbi non ancora smarcati. In questo caso, Pino seduto insieme a due partecipanti facilita la discussione con il formato del fish bowl: tre persone, quattro sedie, una sempre libera, il resto del pubblico in piedi in silenzio intorno ai tre. La discussione viene portata avanti a ruota libera dai tre seduti, gli altri in piedi ascoltano in silenzio.
Chi vuole intervenire può farlo sedendosi sulla sedia libera. A quel punto uno dei tre seduti, spontaneamente decide di alzarsi e di lasciare libera la sua sedia.
Il team
Per garantire il corretto proseguimento delle attività sul posto, abbiamo invitato al corso il nostro collega locale, Venkatesh Krishnamurthy, per noi solamente Venky.
È sempre estremamente interessante collaborare con una persona così distante (geograficamente e culturalmente) da te.
Il diverso modo di affrontare certe situazioni — o di comunicare o di condurre i giochi — ha reso i momenti di didattica e di discussione più efficaci e interessanti: anzitutto, per i partecipanti che hanno potuto ricevere contenuti differenti ma complementari, con diversi punti di vista, ma anche per noi, che abbiamo acquisito nuovi modi di spiegare o facilitare un gruppo di lavoro.
Il giorno dopo il corso, durante un viaggio in auto, Pino e Giovanni sono passati sotto una lunga fila di tralicci dell'alta tensione. Tornano alla memoria i tre giorni appena terminati: l’energia vista, le discussioni accese, le domande incalzanti.
Un sorriso ammirato prende forma pensando a tutto il lavoro necessario per far passare gli elettroni in quei cavi.
Un pensiero, immotivato, irrazionale e presuntuoso si fa spazio nella loro testa: qualcuno di quegli elettroni sta ora correndo anche grazie al lavoro di un team che, da qualche parte fra Nuova Zelanda e Australia, sta usando una kanban board.
Board che forse abbiamo contribuito a creare.
Ciao Australia
La prima tappa del nostro tour orientale si conclude. La terra dei canguri ha confermato la sua fama: isola-continente di spazi infiniti, selvaggia ma al tempo stesso estremamente accogliente. Con una identità tutta sua, ma composta da tantissime diversità.
Lavorare qui è stato bello. Ora è tempo di andare a Seoul.
CAPITOLO SECONDO: COREA
Il viaggio prosegue con la seconda tappa a Seoul, la capitale della Corea del Sud
Seoul la megalopoli
Il primo impatto con la grande capitale coreana è per molti frastornante. Con quasi 10 milioni di abitanti, ci si può letteralmente perdere nel caleidoscopico mosaico fatto di persone, auto e biciclette, metropolitane e tram di superficie, intere zone di grattacieli e mercati di strada.
Superfici infinite e sottosuoli brulicanti di coreani sempre in movimento. Il viaggiatore che cerchi di scoprire la città rischia di uscirne perdente, di perdersi e rimanerne frustrato: deve farsi accogliere, perdersi nel labirinto di vie, vicoli e giganteschi stradoni e lasciare che la città si faccia scoprire.
A Seoul la cosa che più salta all'occhio per un occidentale sono le persone... moltitudini di persone... ovunque. Nella downtown dove manager in abito occidentale si muovono veloci fra i grattacieli; nei tunnel della metropolitana dove viaggiatori camminano immersi nei loro pensieri; nei mercati di strada dove si possono mangiare piatti buonissimi preparati con un "approccio" decisamente differente da quelli a cui siamo abituati nelle nostre cucine.
I mercati di strada
I mercati di strada sono piccoli universi isolati dal resto della grande metropoli. Folle di persone che girano fra bancarelle le quali si estendono per centinaia e centinaia di metri, in superficie e sottoterra.
Il cibo e la cultura di strada
La cucina di strada è straniante. Buonissima e ricchissima di sapori. Rumorosa. Non convenzionale. Atipica. Decisamente lontana dagli standard di un occidentale.
Molti i ristoranti dove le persone mangiano direttamente sulla strada accanto ad altre persone che vivono altri momenti.
La classe
Il motivo della tappa a Seoul era l'erogazione di un paio di sessioni di formazione sulle metodologie agili. L'organizzazione originaria dei contenuti era inizialmente simile a quella che avevamo adottato a Melbourne: di fatto — lingua inglese a parte — non molto differente da quello che facciamo usualmente in una classe in Italia.
La differente cultura e il diverso modo di relazionarsi delle persone hanno però richiesto da parte dei nostri coach uno sforzo di "riadattamento" non banale. In generale, il modo con cui in Corea si interloquisce o anche semplicemente ci si relaziona con il docente è molto distante dalla cultura occidentale. Durante le sessioni di spiegazione è poco comune ricevere contributi e domande dalla platea: questa "ritrosia" può essere dovuta a motivi culturali o, più probabilmente, alle difficoltà linguistiche, ma di certo non è la situazione migliore per instaurare un efficace ciclo di feedback per tarare i contenuti e le attività sulle esigenze delle persone in aula.
Per questo, Giovanni, Pino e Stefano hanno più volte cambiato il modo di guidare l'aula, provando nuove tecniche di discussione e di facilitazione. Ogni mezza giornata hanno fatto una breve retrospettiva per valutare i risultati degli esperimenti e provare nel caso qualcosa di differente.
Dopo svariati tentativi, sono riusciti a trovare una formula che permettesse di fondere l'approccio formativo-esperienziale con la cultura e mentalità della classe: attività di formazione esperienziale e piccoli momenti di teoria alternati a gruppi di discussione.
I risultati migliori si sono avuto con una forte alternanza di momenti di spiegazione ad altri in cui le persone potevano lavorare in piccoli gruppi.
In questo contesto così sfidante, il Serious Gaming ha rappresentato uno strumento di grandissima utilità. Il gioco ha dimostrato, se ancora ce ne fosse stato il bisogno, di essere quel linguaggio universale in grado di rompere le barriere e ridurre il gap culturale. Se a Melbourne era stato utile, possiamo dire che qui sia stato indispensabile per mettere a punto il format delle lezioni. Marshmallow Challenge, Magic Ball Game, Penny Game, Human Bingo, Pino's Pizza Game sono stati alcuni dei giochi usati per trasmettere i concetti di base, ma anche creare un buon clima di lavoro.
Arrivederci Corea
Prima di partire per la tappa successiva a Tokyo, i nostri si sono concessi un momento di folklore. È usanza locale indossare abiti tradizionali e camminare per le strade del quartiere antico oppure direttamente all'interno del palazzo reale. Un'occasione che non poteva sfuggire ai nostri agile coach.
CAPITOLO TEZO: GIAPPONE
Tappa conclusiva del viaggio in Oriente: Tokyo
Forse la meno "asiatica" delle città, Tokyo ci accoglie con la pioggerella costante, più simile a nebbia. La presenza costante dei binari delle molte linee metropolitane fa da sfondo a praticamente ogni paesaggio, creando una sensazione di movimento continuo.
Ogni quartiere di Tokyo suscita una diversa sensazione. Dalle sale giochi anni Ottanta di Electric Town, ai quartieri business ipermoderni nei pressi di Ginza e Shinbashi a stranezze seminascoste come un hotel con reception robotica.
Templi, musei e il consueto brulicare di persone, colori inconsueti e abbigliamenti manga. La sorpresa di imbattersi in un tempio, che ti parla di calma e devozione, incastrato in mezzo ai grattacieli
La classe
Anche in questo caso l'obiettivo era quello dell'erogazione di un corso di Agile Project Management.
Inspect & Adapt… e l'esperienza di Seul ha ulteriormente arricchito la formazione. In particolare, il tipo di approccio ha privilegiato tempi brevi di teoria, frequentemente intervallati da momenti di gioco serio e di prova sul campo.
I moduli esperienziali sono stati ulteriormente arricchiti e resi più precisi, vista la predilezione delle classi in Oriente a rapportarsi con regole chiare e possibilmente scritte. A differenza dell'esperienza coreana, abbiamo sperimentato un’interazione più ampia. A differenza di quel che ci era stato preventivato, le persone si sono dimostrate molto collaborative, hanno interagito con domande e con sfide interessanti riguardo la possibilità di adattare il messaggio Agile alla cultura del paese.
La composizione dell'aula vedeva quasi tutti giapponesi con un nutrito pacchetto di mischia proveniente da Taiwan.
Il Bento
Tutto, in Giappone, rende l'idea di una ricerca del bello all'insegna di canoni di armonia ed equilibrio. Il Bento, equivalente della milanesissima schiscetta, non si sottrae a tale ricerca. I Bento offerti per il pranzo erano semplicemente deliziosi, in tutti i sensi.